Bergamo Alta - La cattedrale
La Cattedrale di Bergamo, conosciuta anche come Cattedrale di Sant'Alessandro, è un importante luogo di culto situato nel cuore di Bergamo Alta, la parte storica e più antica della città. Dedicata a Sant'Alessandro, il patrono della città, la cattedrale ha una storia ricca e complessa, che riflette le varie epoche architettoniche e artistiche che ha attraversato. La costruzione della cattedrale iniziò nel 1459, sul sito di una chiesa preesistente. L'attuale edificio è il risultato di vari interventi e ristrutturazioni avvenuti nel corso dei secoli, che hanno fuso stili diversi, dal romanico al barocco. La facciata esterna della cattedrale è relativamente sobria, mentre l'interno è riccamente decorato con elementi barocchi. L'interno presenta una pianta a croce latina con tre navate. Le cappelle laterali, riccamente decorate, ospitano opere d'arte di notevole valore. La cupola della cattedrale, completata nel XVIII secolo, domina il panorama di Bergamo Alta, mentre il campanile adiacente offre una vista suggestiva sulla città e le colline circostanti. All'interno della cattedrale si trovano diverse opere d'arte, tra cui dipinti, sculture, e affreschi. Una delle opere più significative è il dipinto di San Benedetto attribuito a Giovan Battista Moroni, un celebre pittore bergamasco del Rinascimento. Sant'Alessandro è venerato come il patrono di Bergamo, e si ritiene che la cattedrale conservi alcune sue reliquie. La devozione al santo è molto sentita in città, e la sua festa viene celebrata con grande partecipazione. La cattedrale si trova nella Piazza del Duomo, uno dei punti più significativi di Bergamo Alta, accanto ad altri edifici storici come il Palazzo della Ragione e la Basilica di Santa Maria Maggiore. La Cattedrale di Bergamo è non solo un luogo di culto, ma anche un simbolo della storia e della cultura della città, visitato sia dai fedeli che dai turisti per la sua bellezza e il suo patrimonio artistico.
Presbiterio
La struttura dell’altare maggiore è stata realizzata in varie fasi nel corso degli anni. Tra le parti che compongono l’intero impianto vi è alla sommità un ciborio di forma semiottagonale opera dell’artista Cesare Targoni (1588).
Questo altare è stato realizzato con estrema accuratezza nei dettagli, vista la scelta di marmi e pietre policrome che rimandano fortemente ad uno stile classicheggiante. In alto spicca la figura di “Cristo Risorto”; nel tamburo della cupola “angeli”; mentre nel secondo ordine, ai lati, le figure dei “Santi Pietro e Paolo”. Nei riquadri frontali sono inseriti i “quattro Evangelisti” con al centro un “Cristo” dipinto da Enea Salmeggia, il quale esegue anche il retro con “l’Ultima Cena”. Del 1716 sono invece le sculture dei due angeli adoranti in bronzo di Marco Alessandri e gli angioletti sorreggenti il ciborio del Targoni.
Un altro tabernacolo di minori dimensioni, risalente al 1705 e decorato con scena del “Sogno di Elia”, è collocato nel secondo ordine dell’altare.
Alla terza fase (1757) risalgono i 13 pannelli in bronzo parzialmente dorato che riportano rispettivamente a destra i sacrifici di: Abele, Isacco, la Cena pasquale ebraica; a sinistra: il Sacrificio di Noè, Mechisedech, Aronne; in basso da sinistra: i simboli dell’Eucarestia, il Sogno di Giacobbe, Mosè e il roveto ardente, simboli di Sant’Alessandro.
Colpisce la maestosità del coro ligneo. L’apparato prevede 44 figure di cariatidi simboliche, puttini e 86 angeli a contornare tutta la lunghezza della composizione insieme ad intrecci e girali di eccelsa perizia tecnica. Per ogni schienale inoltre, è previsto l’intarsio di cornici ovali e poligonali. Questi dovevano ospitare dei medaglioni istoriati in bosso purtroppo mai realizzati.
Urna di Sant’Alessandro
Organo a Canne Boss 1842
Questo strumento, dopo diversi passati interventi, è stato sottoposto a restauro e riportato all’originale splendore nel 1995.
Organo a canne Corna 2009/2010
La Cupola
La decorazione della calotta interna della cupola è opera del pittore bergamasco Francesco Coghetti (1802-1875) chiamato da Roma nel 1830.
Qui viene realizzata una “Gloria del Paradiso”, con al centro Sant’Alessandro sorretto da angeli, pronto a ricevere la corona della santità. La visione è composta da una serie di livelli in cui: al primo anello vi è la schiera di 40 santi e martiri che partecipano alla vittoria di Alessandro; nel secondo Sant’Alessandro tra nubi e angeli è accolto dalla Vergine e dal Cristo, fino a giungere all’ultimo stadio rappresentato dallo Spirito Santo sotto forma di colomba e dal Padre che tende la sua mano benedicente.
1a Cappella a destra partendo dal fondo - San Benedetto
Questa Cappella, voluta fortemente dal pontefice Benedetto XII, per aver concesso perdono alla popolazione bergamasca, dopo che questa aveva sostenuto nel 1340 l’antipapa Nicola V. La pala d’altare commissionata dal podestà Girolamo Barbarigo nel 1523, è del pittore Andrea Previtali, anche lui influenzato fortemente dalla pittura veneta. L’artista raffigura su tela “San Benedetto da Norcia” seduto sulla cattedra papale e vestito di abiti pontificali (molto probabilmente per alludere alla figura di Benedetto XII). Ai lati i Santi Bonaventura da Bagnoreggio e Ludovico da Tolosa. Nel 1764/1765 l’architetto Filippo Alessandri e il marmista Bartolomeo Manni eseguono la mensa d’altare e lo stilobate. Le due statue in marmo apuano dei Santi Apostoli Filippo e Simone sono opere di Luigi Pagani nel 1876.
2a Cappella a destra - San Carlo Borromeo
Fino al 1610, questa cappella, era dedicata a San Giorgio. Viene intitolata a San Carlo Borromeo nel 1610 anno della sua canonizzazione. È di questo periodo la pala d’altare di Giovanni Paolo Cavagna, raffigurante la “Crocifissione” con Vergine, San Giovanni, accompagnati dai Santi Carlo Borromeo e Ambrogio. I due apostoli in marmo bianco sono opere postume della bottega del Sanz (1806).
3a Cappella a destra - SS. Trinità e San Gregorio Barbarigo
L’esistenza, nell’antica Cattedrale, di una cappella in onore della SS. Trinità è già documentata nel X secolo. L’attuale risale al 1750 opera di Giovanni Moroni su disegno di Nicola Salvi. Nel 1762 si aggiunse la dedica al Beato Gregorio Barbarigo. Il complesso dell’altare, realizzato in giallo di Verona e verde Varallo, comprende anche l’alabastro onice. L’altare è completato dalla pala di Nicola La Piccola raffigurante “San Carlo Borromeo e Gregorio Barbarigo in adorazione della Santissima Trinità”. Le statue in marmo degli apostoli Giacomo minore e maggiore, sono di Sante e Gelpino Caligari (1783). Il paliotto dell’altare con rilievi in bronzo di Antonio Arrighi, protegge reliquie qui pervenute dalla chiesa demolita di San Cassiano.
Transetto di destra - Altare dei Santi Fermo, Rustico e Procolo
La cittadinanza bergamasca è da sempre legata ai Santi Fermo, Rustico e Procolo. Attorno a queste tre figure ruotano, tradizione, devozione, fantasie e credenze. Questi Santi non provengono certamente da Bergamo, ma presumibilmente la loro origine è africana. Secondo un codice del X secolo, essi vissero all’epoca dell’imperatore Massimiano (286-305) a causa del quale subiscono il martirio. In particolare Fermo e Rustico professano pubblicamente la loro fede subendo la flagellazione e il carcere a Verona, dove incontrano Procolo, Vescovo della città che conforta i prigionieri. Alle torture e alla decapitazione segue solo in seguito la sepoltura avvenuta per mano di una delegazione di Bergamaschi. Il culto si diffonde presto a Verona e in tutto il territorio della Repubblica Veneziana, tra cui appunto Bergamo. Le loro reliquie, riposte a Verona, sarebbero state trafugate il 4 gennaio 855, insieme a quelle di San Procolo, per opera di mercanti bergamaschi che, tornati in patria, le rifugiano presso Plorzano (fuori le mura di Bergamo). Nel 1575 avviene il loro trasferimento in Cattedrale.
Il desiderio di creare un luogo che ospitasse queste spoglie fu tale da far intervenire il Comune stesso a finanziare l’opera.
Nel 1699 una tela di Giovan Paolo Cavagna esalta pittoricamente queste figure. Il progetto dell’altare invece spetta al siciliano Filippo Juvarra. Esponente indiscusso dell’architettura Rococò in Italia, Juvarra riesce a dissolvere perfettamente gli elementi architettonici con quelli decorativi e scultorei. Nel 1731 il disegno per l’altare è pronto: esso sviluppa una struttura architettonica ampia e poderosa, accompagnata da colonne laterali che supportano una trabeazione e un timpano interrotto da conca absidale. Tutto ciò completato da sculture di santi, angeli e allegorie ed una ricca decorazione plastica. All’impresa parteciparono anche il Caniana, per le parti in legno, e i Manni Giacomo e Carlo Antonio per i marmi. Al 1736 risalgono le personificazioni della “Fede” e della “Carità” collocate direttamente sullo stereobate e quelle della “Fortezza” e della “Speranza” sulle curve del timpano. Il Fantoni realizza nel 1740 i quattro angeli: due sull’apice a reggere la mitra vescovile; due sul timpano a sostenere il cartiglio con l’iscrizione “hic sumus orantes pro vobis”. Un anno dopo sono inseriti gli elementi in rame (corone con palme, mitra) e gli stucchi nel catino; nel 1742 è la volta della balaustra. A contenere le preziose reliquie è l’urna bronzea del Filiberti in argento, associata ad un secondo cofanetto di Benardino Trivelli. -*
Cappella di San Vincenzo
Superato il transetto, nella parte destra, presso l’altare dei Santi Fermo, Rustico e Procolo, vi è l’accesso alla Cappella dedicata a San Vincenzo, il diacono e primo titolare della Cattedrale fino al al 1689.
Da questa data in poi, che segna la svolta per la nuova dedicazione, le scelte iconografiche e decorative vertono esclusivamente sulla figura di Sant’Alessandro. Ciò nonostante nel 1698 lo stesso Capitolo, manifesta la volontà di costruire una Cappella che sia dedicata appunto a San Vincenzo. Per tale occasione viene riutilizzata la superstite pala con “San Vincenzo in gloria che protegge la città” di Carlo Ceresa, risalente alla metà del Seicento. Il dipinto è molto suggestivo poichè ci riporta al panorama bergamasco di quegli anni. Si possono intravedere i più antichi monumenti cittadini, alcuni dei quali non più esistenti o modificati: la navata e il campanile di Santa Maria Maggiore, Colle San Virgilio, il campanile di San Vincenzo e la Torre del Gombito.
La struttura dell’altare è attribuita al disegno del canonico architetto Marco Alessandri ed eseguito nel 1703 da Bartolomeo Manni il Vecchio. La sistemazione interna comprende anche una tela che affronta l’episodio del “Martirio” del Santo, risalente al 1705 opera di anonimo pittore locale su un modello proveniente da Roma. Al 1766 invece risalgono le 14 stazioni della Via Crucis che occupano le pareti.
Dal 2000 la Cappella è dedicata anche a San Giovanni XXIII. All’interno è stato inserito un apparato contenente le reliquie del Pontefice bergamasco: la cassa che ha racchiuso il suo corpo, la tiara ed altri oggetti di oreficeria appartenenti al Beato. A ricordo di Papa Roncalli è stata realizzata una scultura bronzea (1988) ad opera dell’artista Alessandro Verdi di Valbrembo. L’idea nasce in ricorrenza del 30° anniversario dell’elezione di Giovanni XXIII al soglio pontificio e 25 anni dalla sua morte.
Transetto di sinistra - Altare della Beata Vergine della Pietà
Nel braccio sinistro del transetto spicca l’altare dedicato alla Vergine della Pietà. La prima committenza risulta al 1701, anno in cui fu collocata una statua lignea raffigurante l’Addolorata dal canonico Sigismondo Tomini.
La realizzazione completa dell’intera struttura richiederà alcuni anni di lavoro. Il progetto è attribuito dai resoconti al canonico Marco Alessandri, il quale elabora l’imponente struttura rivestita da marmi pregiatissimi.
L’architettura concava è caratterizzata da un fondo in marmo nero, da colonne tortili corinzie in Verde Varallo tra le quali spicca, in marmo Portovenere, la nicchia contenente la “Statua della Vergine”, circondata da un prezioso intaglio ligneo dorato. L’autore di quest’ultimo apparato è Giovan Battista Caniana. Mentre la decorazione spetta senza dubbio alla bottega del Fantoni, a partire dal 1709, anno in cui vengono realizzate le sette lastre in marmo di Carrara collocate alla base dell’altare. Esse rappresentano i “Sette dolori di Maria” narrati dai Vangeli: la Fuga in Egitto, la Profezia di Simeone, lo Smarrimento di Gesù fanciullo, la Salita al Calvario, la Crocifissione, la Deposizione dalla Croce, il Seppellimento di Gesù. Sempre del Fantoni, i “due angeli reggicorona al primo ordine in alto. Al contrario non possono attribuirsi allo stesso le due sculture del secondo ordine raffiguranti “Ester” e “Giuditta”, sia per la diversità del marmo, che per lo stile estraneo a quello fantoniano. Più corretto riconoscerle allo scultore Andrea Ferretti il quale realizza anche i “puttini” sopra la nicchia della Madonna. Altresì degno di nota il “Tabernacolo” posto sopra l’altare la cui portella è decorata dalla scena veterotestamentaria di “Sansone che raccoglie miele dalle fauci del leone abbattuto”. La ricchezza della decorazione prosegue anche nel basamento, nel quale è stata inserita una piccola tela di Nicola Bambini (1651-1736) raffigurante “San Lorenzo Giustiniani” a ricordo del primo titolo posseduto dall’altare. A conclusione del complesso la statua di “Cristo morto” in basso.
1a Cappella a sinistra partendo dal fondo - Santa Caterina d'Alessandria
La struttura attuale dell’altare in rosso di Ardesio e Occhialino, risale al 1756 su disegno di Filippo Alessandri e opera di Bartolomeo Manni. Di più remota fattura è la pala in olio su tela raffigurante la “Vergine con Bambino in gloria con i Santi Caterina e Gerolamo” recanti i loro attributi. Giovanni Battista Moroni si impegna a realizzare il dipinto nel 1576 in sostituzione di un’icona situata in loco e ritenuta inadeguata. Le statue di marmo di Carrara dei Santi Tommaso e Bartolomeo sono di Francesco Barzaghi del 1875.
2a Cappella di sinistra - Del Crocifisso
Già durante gli anni della canonica di San Vincenzo questa cappella esisteva con il nome di San Giovanni Battista. La decorazione cinque-seicentesca prevedeva un polittico in ancona di legno dorato raffigurante “San Giovanni Battista” al centro, affiancato dalla Vergine e da San Giuseppe; in alto due pannelli sull’Annunciazione; sul fastigio l’arme del Muzio. Giovanni Moroni realizza la struttura dell’altare, mentre Costantino Gallizioli e Bartolomeo Manni operano all’intero impianto nel 1753. Il materiale impiegato è giallo di Verona e mediceo di Seravezza. Le due statue in marmo bianco di Carrara dei Santi Pietro e Paolo sono opera di Gelpino Caligari.
L’intitolazione al Crocifisso è dovuta per la presenza del famoso “Crocifisso di Rosate”, dal 1810 in Cattedrale. Nei confronti di questa croce c’è una devozione molto forte per via di eventi verificatisi sin dalla sua apparizione, avvenuta tra il 1509 e il 1512, nel monastero di Rosate.
Nel 1932 una preziosa cornice in argento arricchisce la composizione. La venerazione che ha accompagnato il Crocifisso nei secoli, permane ancora oggi, tanto che viene portato in processione nelle occasioni più speciali. La consacrazione della Cappella avviene il 13 settembre 1866 per mano del Vescovo Benaglio. È uno spazio che si rivela monumentale, voluto fortemente dall’arciprete Pietro Rusca. La pianta a croce greca e l’ampia apertura circolare della cupola offrono un ampio scenario decorativo composto da stucchi dorati e affreschi. Antonio Guadagnini (1862) vi interviene per le pitture murali della volta, mentre la ricca decorazione plastica delle pareti è diligentemente composta da Luigi Pagani nel 1866.
Nella tazza e nella semitazza si prolungano i brani della “Missione redentrice del Cristo” ed “Episodi biblici”; nel catino absidale la “Deposizione” e “l’invenzione della Croce” sopra l’arco d’ingresso; nei pennacchi e nell’imbotte degli archi gli “Apostoli” e gli “Evangelisti”. Il messaggio evangelico ha seguito presso l’altare con le statue neoclassiche in marmo opera di Innocenzo Fraccaroli (1806) e la “Via Crucis” in stucco sempre del Pagani lungo le pareti. A completare la splendida composizione della Cappella le figure degli angeli recanti i simboli della Passione.
All’ingresso del vano è presente, dal 1989, una eccezionale scultura contemporanea in bronzo di Giacomo Manzù del 1946. L’opera è unica per l’enfasi, la forza interiore, la densa spiritualità che scaturisce dal personaggio. Manzù riesce ad esternare, attraverso la resa del modellato e lo studio iconografico, una formidabile carica espressiva.
3a Cappella a sinistra - SS. Pietro e Paolo
Di fronte alla Cappella della Santissima Trinità, si dispone quella dei Santi Pietro e Paolo, il cui altare è realizzato anch’esso su disegno di Nicola Salvi.
Pala d’altare Santi Pietro e Paolo.
Solo al 1793 risulta la dedicazione ai due Apostoli, molto probabilmente a causa delle vicende in seno al cantiere. Suggestiva e ricca di simbolismo è la pala raffigurante “San Pietro e Paolo” mentre affidano a San Barnaba l’evangelizzazione a Bergamo alla presenza della Madonna (forse simboleggiante la Chiesa che è Madre). Chiudono la sacralità della scena le personificazioni della Fede e in alto la Santissima Trinità. Le statue in marmo di Carrara degli Apostoli “Giovanni Evangelista” e “Giuda Taddeo” sono plasmate dalle mani esperte dell’artista Giovanni Sanz. Nei pressi della Cappella ci si immette in un vestibolo che consente l’accesso alla Canonica. Qui è collocato un dipinto bizantino, in olio su tela molto venerato, detto “Madonna dei Canonici”. La tradizione lo dice proveniente dall’antica chiesetta di Santa Maria del Chiostro che si trovava sotto gli archivi della Cattedrale nel XVI secolo.
Soffitto della Navata
Parete di Fondo
La controfacciata è decorata con i dipinti del monzese Giovanni Battista Gariboldi, raffiguranti “storie di sant'Alessandro” con la Decollazione e il Miracolo della resurrezione di un morto lavori eseguiti nel 1766.