Chiesa di Santa Maria dei Miracoli
Il Santuario di S. Maria dei Miracoli si presenta oggi come un edificio dalla configurazione assai originale, di complessa lettura a causa di una lunga vicenda di stratificazioni e aggiunte successive, costantemente limitate dai vincoli del preesistente, fitto tessuto urbano e sostanzialmente prive di un progetto unitario di base. In borgo S. Nazaro, sul muro esterno della casa di un certo Federico Pelaboschi, esisteva nel Quattrocento un'immagine della Vergine ritenuta miracolosa; intorno a essa era sorta un'edicola votiva, probabilmente a contenere un altare e a ricovero delle offerte sollecitate dalla devozione popolare. Il luogo doveva tuttavia rivelarsi assai interessante sotto il rispetto economico, oltre che sotto il profilo devozionale, se nel 1486 il Consiglio comunale di Brescia deliberava di acquistare casa Pelaboschi e tre anni più tardi acquisiva altre case adiacenti. Nacque così l'idea di creare una prima cappella, concepita probabilmente come semplice stabilizzazione degli apparati provvisori e verosimilmente strutturata come un protiro a due ordini formato dalla sovrapposizione di due arcosolii voltati a lacunari, il superiore a protezione dell'immagine miracolosa, l'inferiore con accesso a un locale retrostante adibito a sagrestia, ricavato dalla stessa casa Pelaboschi.
Ben presto si manifestò l'esigenza di progettare un organismo più ampio; anche il vescovo della città e il doge veneziano si interessarono alla questione e il ruolo di procuratori della fabbrica spettò a due figure di spicco nella vita culturale bresciana del tempo come il nobile Giovan Pietro Averoldi, padre del mecenate Altobello e legato al governo della Serenissima, e l'umanista 'antiquario' Giovanni Maria Tiberino. (I lavori per la costruzione della chiesa furono ultimati solo nel 1581, quando l'immagine sacra venne condotta all'interno, sull'altare maggiore).
Contemporaneamente all'allargamento e alla decorazione della facciata con lo straordinario apparato decorativo intagliato nel marmo per il quale si è rintracciata, nell'ambito dei lavori di restauro dei primi anni del Novecento l'importante indicazione della data 1500, venne costruito un vano quadrato coperto con una cupola a base circolare, addossato alla facciata stessa; lo affiancavano due vani voltati a botte.
Con un contratto del 1489 venne assegnata ad Antonio della Porta detto il 'Tamagnino' e a Gaspare da Coirano l'esecuzione delle figure di Apostoli e Angeli scolpite nelle nicchie interne del tamburo e la paternità dei due scultori si può estendere con una certa facilità a tutta la decorazione architettonica del vano cupolato a ridosso della facciata, agli elementi architettonici scolpiti a rilievo attualmente collocati nella zona absidale, anch'essi risalenti a questa prima fase della fabbrica, e alla decorazione stessa di facciata. A partire dal 1521 l'originaria costruzione venne ampliata secondo un modello a quincunx diffuso in area veneta, con l'innesto di altre tre cupole e dei relativi vani voltati a botte. Sul finire del secolo, per volontà di Carlo Borromeo, l'affresco miracoloso che era stato all'origine del complesso fu trasportato sull'altar maggiore. Fin dall'origine la struttura presenta un particolare rapporto con l'esterno, con la strada, una sorta di vocazione estroversa che ne qualifica la facciata come zona privilegiata.
Strutturata "come un enorme polittico costruito a circondare l'immagine miracolosa e a segnarne la presenza nei confronti della città, indifferente a rapportarsi a un possibile organismo spaziale complessivo della chiesa" (Ceriana, 2002), la facciata costituisce ancora oggi il fulcro figurativo del complesso: quattro paraste giganti ne delimitano la porzione originaria; fra di esse sono poste nicchie e specchiature marmoree; l'insieme è coronato da un alto attico. In forte aggetto, il protiro è strutturato su quattro colonne scanalate con plinti circolari e capitelli corinzi; anch'esso risulta sovrastato da un attico e da un timpano conclusivo, con finestra di restauro. Paraste, capitelli e fregi sono interamente rivestiti da un raffinato partito ornamentale all'antica, caratterizzato da un intaglio netto e cesellato, di altissima tenuta stilistica: elementi vegetali si mescolano a candelabre, dense di oggetti e figure, e a epigrafi in splendide capitali latine e greche. Tale fittissimo apparato ornamentale, che condivide stile e protagonisti con la decorazione di piazza della Loggia, cuore della città, sembra ispirato principalmente al patrimonio grafico mantegnesco, non senza un consapevole confronto con il patrimonio locale di marmi antichi e tardoantichi, motivato anche dal rinnovato orgoglio per le origini romane della città, e in sintonia con i contemporanei esiti di ambito bramantesco. (Lombardia Beni Culturali
L’interno, a pianta quadra divisa in tre navate da pilastri e colonne, con l’abside pentagonale e con due cupole che sovrastano la navata centrale e altre due più piccole sulle cappelle laterali è andato in gran parte distrutto dal bombardamento del 2 marzo 1945. Venne successivamente restaurata per ripristinare nelle sue linee primitive l’originaria ossatura rinascimentale.
Cupola con le statue dei 12 apostoli di Gasparo Cairano
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