Piazza della Loggia
In questo luogo in precedenza era posta un’alta colonna alla cui sommità vi era collocato il Leone di San Marco. Questa colonna indicava anche il luogo ove veniva issato il patibolo per la esecuzione delle pene capitali. Chissà se su quel patibolo persero la vita solo delinquenti o anche innocenti!
Qui nell’estate del 1518, detta anche estate delle streghe, vennero date alle fiamme decide di donne con l’accusa di stregoneria. Molte di queste provenivano da paesi di montagna, in particolare dalla Valle Camonica. Nelle valli e nei paesini di montagna, difficilmente raggiungibili, i medici erano pochi. Le credenze popolari avevano, in quel periodo, il sopravvento. Tante donne (chiamate guaritrici) si servivano di erbe e fiori come medicamenti per alleviare disturbi e cercare di guarire malattie. Molte di loro erano anche levatrici ossia aiutavano le partorienti. Alcune donne però si occupavano anche dei mali dello spirito, della mente, del cuore e queste guaritrici, dette streghe, diventavano esperte nella confezione di filtri d’amore, incantesimi per liberare gli indemoniati ma anche sortilegi e maledizioni di varia natura. La chiesa le puniva per i loro comportamenti poco ortodossi, anche se venivano protette dai loro compaesani che le temevano.
All’inizio del cinquecento iniziò una profonda epurazione degli eretici, in particolare in Valle Camonica. Nacque così il detto caccia alle streghe.
Una delle streghe che vennero giustiziate in questo luogo è Benvegnuda detta Pincinella moglie di Pinzini de Marsilii di Nave. Era una guaritrice ma abile anche nei mali dell’amore.
Il processo iniziò il 19 giugno 1518 al Convento di San Domenico a Brescia, luogo dell’inquisizione, con la denuncia di un vicino di casa della Pincinella, un certo sig. Benvegnudo originario di Ponte Vigo, che affermò che la predetta era una strega, Nei giorni successivi vennero sentiti altri testimoni. Il 29 giugno 1518 venne pronuciata la sentenza con la quale veniva riconosciuta l’imputata "colpevole di essere ritornata nell'eresia, benché ora pentita e dispiaciuta, per questo ordiniamo che limputata venga rinchiusa in prigione e poi consegnata al braccio secolare " (Marin Sanudo Diari 1518/1521 - Lo scontro sulla stregoneria in Valle Camonica tra la Repubblica di Venezia e il Papato nei documenti del 1518-1521, Introduzione e trascrizione a cura di Stefano Brambilla e Attilio Toffolo).
La Benvegnuda venne portata incatenata sul patibolo eretto in questo luogo per essere arsa viva.
Chissà che strazio!!!
Nelle vicinanze troviamo la chiesa di San Giuseppe.
La Porta Bruciata
Una delle antiche porte d’accesso alla città sita in via Musei.
È stata definita bruciata a seguito di un incendio che scoppiò in questa zona nel 1184.
La piccola chiesa di San Faustino in Riposo nota anche come chiesa di Santa Rita.
Sotto la porta bruciata si trova l’ingresso a detta chiesa.
Piazzetta Tito Speri
Nel 1888 Antonio Tagliaferri smontò completamente la fontana realizzata con l’arca del vescovo bresciano San Tiziano e ridisegnò una vasca rettangolare molto capace, creata sulla falsa riga del retro di un sarcofago, su cui collocò le due colonnine del XV secolo.
L’affresco raffigurante un guerriero che regge lo scudo con la Leonessa, simbolo di Brescia.
Nel 1849, su questa contrada, gli eroi bresciani resero un’imboscata ai soldati austriaci che dal castello scendevano in città conventi di aver via libera. I nostri bresciani si erano appostati nei vicoli adiacenti, nelle case e al Santuario di Santa Maria della Consolazione, quando i soldati austriaci arrivarono vennero accerchiati e sopraffatti.
Questa vittoria non fermò però i soldati austriaci che entrarono in città sfondando le altre porte e portando devastazione ed orrore. La città al decimo giorno della rivolta si arrese.
Santuario di Santa Maria della Consolazione
Le Consolazioni risalirebbero, probabilmente al IX secolo, se non addirittura al V secolo, stando ad una tradizione leggendaria, anche se erano dedicate a san Faustino in castro ovvero in castello. Stando a storici antichi, tra cui il Cornaro, il cambio avvenne grazie ad una serie di miracoli avvenuti per intercessione dell’immagine della Madonna ora sull’altar maggiore della chiesa ma ai tempi su un muro esterno. San Carlo, a cui sarebbe poi stato dedicato uno dei due altari delle Consolazioni sarebbe poi stato fondamentale per far spostare l’affresco simbolo del santuario dal muro esterno all’altar maggior. Il 18 novembre 1612 fu istituita la Confraternita omonima e da allora ininterrottamente ha portato avanti la devozione mariana nella nostra città. Devozione, memoria ed arte si fondono mirabilmente in questo piccolo edificio che è stato al centro di tanti episodi della storia di Brescia.
Proseguendo per via Musei incontriamo la chiesa di Santa Maria della Carità.
Via Musei
Piazza del Foro
Palazzo Martinengo Cesaresco Navarino
Questo palazzo, maggiormente noto come il palazzo Martinengo per antonomasia, è un palazzo nobiliare di Brescia situato in piazza del Foro, a sud del Capitolium. Da sempre principale residenza cittadina della famiglia Martinengo, durante il Novecento è stato prima sede della Questura di Brescia e poi acquistato e recuperato dall'Amministrazione Provinciale ed è oggi sede di mostre e di un percorso archeologico sotterraneo. Parte del palazzo è invece adibita ad uffici amministrativi dell'ente provinciale.
La storia di palazzo Martinengo risale alla prima età del Ferro, dal XI secolo a circa il V secolo a.C., come dimostrano i reperti che formano il percorso archeologico sotterraneo del palazzo. In epoca romana l'area in cui sorge oggi palazzo Martinengo era adibita a zona residenziale, che successivamente divenne civica, formando così la Brixia romana, per poi essere abbandonata in età medievale a favore di zone come piazza Paolo VI e l'attuale piazza della Vittoria.
Il palazzo attuale venne realizzato verso la metà del XVII secolo, sui resti di una precedente costruzione quattrocentesca, su commissione del conte Cesare IV Martinengo Cesaresco, discendente dell'omonima famiglia nobiliare bergamasca trasferitasi a Brescia durante il Cinquecento, che comprò numerosi palazzi della zona appartenenti alle famiglie nobiliari di Brescia, tra cui i Gambara.
Capitolium
Palazzo Maggi Gambara
l palazzo venne fatto edificare dai Maggi, famiglia nobiliare di Brescia, alla fine del dodicesimo sui resti dell'antica platea del teatro romano poco distante da Lodovico Beretta[. Passato di proprietà alla famiglia Gambara nel XVII secolo subì una prima ristrutturazione con la costruzione sul lato più a sud, di un ulteriore corpo di fabbrica affrescato con ritratti di antichi romani e trofei d'armi. Venne edificato anche la scala interna decorata con affreschi e stucchi in oro.
Dal 1935 il palazzo subì una serie di interventi a seguito delle indagini svolte sui siti archeologici e sul teatro romano. Divenne la sede della caserma dei Carabinieri e dei vigili urbani, e fino al 1956 scuole elementari, anno in cui venne definitivamente chiuso perché ritenuto pericolante. Con i restauri ultimati nel 2014 il palazzo è stato riaperto al pubblico.
Chiesa di San Zeno al foro
Il nucleo originario della chiesa è da collocarsi in epoca medioevale, probabilmente attorno al XII secolo. Il luogo viene dedicato a San Zeno, ottavo vescovo di Verona durante la seconda metà del IV secolo venerato, come molte altre figure di epoca paleocristiana, per le sue opere di evangelizzazione e, soprattutto, come protettore dei pescatori d'acqua dolce, poiché pare che pescasse da sé nell'Adige i pesci per il proprio pranzo. La chiesa subì un radicale rifacimento in epoca barocca per volere del giovane parroco Giovanni Pietro Dolfin, nobile patrizio veneto, che in seguito ricostruirà radicalmente anche la chiesa di San Lorenzo: la nuova fabbrica venne portata a termine nel 1745, portando il luogo all'aspetto attuale. Conserva al suo interno pregiate opere pittoriche di autori locali dell'epoca.
L'antico porticato del Capitolium
Chiesa di San Giovanni Evangelista
Questa chiesa è situata in via Laura Cereto.
Costruita alla fine del Duecento, ha oltrepassato indenne tutti i secoli successivi e, pertanto, può essere vista come l'unica delle probabilmente trenta o quaranta chiese fondate sopra o nei pressi del Colle Cidneo fra il VII secolo e l’VIII ad essere giunta fino a noi nelle sue forme originali.
Torre D’Ercole
La torre d'Ercole è stata costruita nel II secolo d.c., e serviva come faro per la navigazione. L'architettura si deve all'architetto Caio Servio Lupo. Una scala esterna collega i tre piani della torre, la quale fu costruita come consacrazione a Marte, Dio della guerra. Nel periodo del Medioevo, la torre d'Ercole fu convertita in fortificazione.
Trovasi in via Cereto vicino alla chiesetta di San Giovanni Evangelista.
Spostandoci in Piazza Giovanni Labus troviamo i resti di una Basilica Romana.
Nel 1992 il Ministero peri Beni e le Attività Culturali ha acquisito il palazzo al civico 3 di piazza Labus, destinato ad ospitare gli uffici della Soprintendenza per i Beni Archeologici.
È stato così avviato un intervento di recupero e ristrutturazione dell'immobile che prevedeva indagini archeologiche sistematiche su tutta l'area oggetto dei lavori. Gli scavi, effettuati in varie successive campagne dal 1993 al 1998, hanno messo in luce, sotto una complessa stratificazione medievale e rinascimentale, le strutture relative alla Basilica di età flavia. Solo in limitatissimi settori è stato possibile effettuare sondaggi sotto le quote romane e questo spiega la scarsità di dati raccolti in relazione alle fasi pre e protostoriche, la cui presenza è tuttavia attestata dai materiali recuperati.
I risultati delle indagini hanno suggerito l'opportunità di lasciare a vista le strutture antiche creando all'interno della sede della Soprintendenza un piccolo spazio museale fruibile per scolaresche, studiosi e turisti, arricchito dalla esposizione dei materiali rinvenuti nel corso degli scavi, in particolare di quelli relativi alle vicende precedenti e seguenti l'impianto della Basilica; ad essi sono dedicate queste pagine.
La ricca sequenza insediativa emersa dagli scavi di piazza Labus, assai simile nella articolazione e successione delle fasi a quella di altri siti indagati nel centro storico di Brescia, consente di ripercorrere attraverso una fitta trama di indizi circa 3500 anni di storia.
L'edificio romano della Basilica, ancora oggi riconoscibile nel prospetto delle case allineate lungo il lato settentrionale di piazza Labus, fu realizzato in età flavia, in opera quadrata, con paramento a blocchi parallelepipedi regolari in pietra di Botticino. Chiudeva a sud la piazza del Foro ed era dedicato agli scambi commerciali e all’amministrazione della giustizia.
I lati lunghi erano scanditi da dodici finestroni tra paraste corinzie e da sei portali. L’interno era costituito da un'aula rettangolare unica, ampia 47,80 x 19,10 m, priva di peristasi, delimitata dai perimetrali che comunicavano direttamente con portici sui quattro lati. La pavimentazione era in grandi lastre in marmo grigio-azzurro (lunense) e bianco (pentelico o pario) disposte secondo un modulo quadrangolare: un quadrato centrale grigio circondato da una fascia di lastre bianche, fascia grigia all’esterno con elementi angolari in marmo bianco. Lo stesso motivo decorativo era presente nella pavimentazione che correva all’esterno intorno alla basilica, con i colori però invertiti, bianco all’interno e grigio nelle fasce esterne. Di estremo interesse è il rinvenimento di un'iscrizione onoraria, reimpiegata nel Medioevo come soglia, posta per celebrare Nonio Macrino, ricordato come patrono della città. L'epigrafe era probabilmente collocata all’interno dell’edificio, per commemorare forse un'azione evergetica (pratica, diffusa nel mondo classico di elargire benevolmente doni alla collettività apparentemente in modo disinteressato) di questo personaggio, appartenente alla potente famiglia che a partire dal Il secolo d.C. dominò la vita bresciana, ricoprendo posizioni di grande prestigio nell’amministrazione dell'Impero.
Gli scavi hanno evidenziato, nelle lacune dovute all’asportazione in epoca medievale delle lastre del pavimento flavio, una prima e più antica struttura a carattere monumentale, pertinente al Foro di età augustea: un lastricato limitato lungo il lato sud da plinti quadrangolari in pietra tenera dell’area veronese. Su questi poggiavano le colonne o i pilastri di un probabile portico.
Rientrando in Via Musei incontriamo la chiesa di San Cristo e il convento dei Missionari Saveriani.
Proseguendo sempre su via Musei si arriva al Monastero di Santa Giulia.