Piazza della Loggia
Inizia nel 1433 la lunga storia di Piazza della Loggia, la "platea magna" di Brescia: in quell'anno, infatti, l'amministrazione municipale decide di aprire una grande piazza nel quartiere di Porta Bruciata, un sobborgo popolare di origine medioevale occupato, fino a quel momento, da abitazioni fatiscenti e da bancarelle di legno dei mercanti, per farne il nuovo centro della vita cittadina. Già da tempo i rappresentanti del governo centrale veneziano, il podestà Marco Foscari e il capitano Girolamo Contarini avevano chiesto al Comune di prendere quella decisione: il motivo era squisitamente politico e, insieme, militare. I rappresentanti veneziani, infatti, ritenevano impossibile, per ragioni, appunto, di sicurezza, riaprire la cittadella fortificata che racchiudeva il Broletto e il Duomo, e quindi l'antico centro civico della città; questo, invece, chiedevano i cittadini di Brescia. La sola possibilità era quindi quella di aprire una nuova piazza. Questa piazza nell'autunno del 1435 era pressoché compiuta. Poco dopo, nel 1437, riprese però la guerra tra la Repubblica di Venezia e il Ducato di Milano: di nuovo Brescia, città di confine, fu coinvolta nel conflitto, e i lavori per la piazza furono, ovviamente, interrotti. Nel 1454 il trattato di pace di Lodi riconobbe definitivamente alla Repubblica di Venezia il dominio su Brescia: e anche il cantiere della 'platea magna' riprese a funzionare con regolarità.
I lavori si susseguono fitti per tutta la seconda metà del secolo.
L'edificio principale è la Loggia, oggi Palazzo del Comune.
Il 7 marzo 1492 il vescovo Paolo Zane benedisse la prima pietra. La funzione del palazzo, durante la dominazione veneziana su Brescia, era quella di ospitare le udienze del podestà veneziano, il "Consiglio Cittadino" e il "Collegio dei Notai", a dimostrazione della centralità che questo edificio ha da sempre rivestito nella vita cittadina; sia dal punto di vista geografico, che politico.
Dopo una sospensione, nel 1525, ripresero dal piano terra e compiuti nel 1574.
Questa costruzione è in stile rinascimentale – veneziano, come la piazza che lo ospita, si presenta nella sua imponenza e al contempo con uno stile semplice e pulito. La facciata, realizzata in marmo di Botticino, vede colonne e lesene con ricche decorazioni scultoree. Nella parte inferiore non potrai non notare il grande portico, accessibile da tre lati attraverso tre ampie arcate e oggi spesso utilizzato per manifestazioni e momenti musicali. Sempre sotto il portico si trovano due fontane realizzate anch’esse in marmo di Botticino; in mezzo c’è il portale da cui si accede alla vita amministrativa della città, con l’ufficio del Sindaco e il Salone Vanvitelliano raggiungibili percorrendo la splendida scala rinascimentale.
Purtroppo, poco dopo la fine dei lavori, nel 1575, un incendio distrusse irrimediabilmente la copertura originale a carena rovesciata rivestita con lastre di piombo ed il grandioso salone che occupava l'intera parte superiore dell'edificio, impreziosito da tre dipinti del Tiziano.
Sulla facciata spicca un cartiglio che porta il motto:
Fidelis Brixia Fidei et Iusticiae Consecravit
Sempre il Tagliaferri, nel 1902, aveva già realizzato il grandioso scalone di accesso al piano superiore.
Salone Vanvitelliano
Sulla facciata della Loggia, sopra la balaustra vi sono quattro statue: le due esterne rappresentano i santi Faustino e Giovita e le due centrali la Fedeltà e la Giustizia
Sulla balaustra avrebbe dovuto essere collocata anche la statua della fede generalmente rappresentata da una figura femminile che tiene tra le mani un calice contenente un’ostia ma, per ragioni mai chiarite, rimase a terra. Venne collocata sulla piazza davanti al pilastro meridionale della loggia. Questa statua si trova ora sotto il porticato del Palazzo della Loggia, priva del calice con l’ostia, opera dei giacobini del 1797 durante la Repubblica provvisoria Bresciana. Questa scultura è chiamata dai bresciani Lodoiga della Loza (Lodovica della Loggia). A partire della fine del XVIII secolo la statua si trasformò in portavoce del popolo divenendo una “statua parlante”, con i cittadini che affiggevano sul pilastro adiacente i propri commenti, tutt’altro che lusinghieri, circa l’operato del governo. Il soprannome di Lodoiga della Loza fa riferimento alla poetessa Ludovica Fè d’Ostiani, famosa per i propri versi schietti e pungenti. Contessa Lodovica Fè d'Ostiani (1736-1814), nata dal conte Giambattista Ostiani e sposata nel 1753 al nobile Giambattista Fè. Bella, colta, geniale, si era distinta nella società del suo tempo anche come esperta verseggiatrice e le cui poesie - raccolte in numerose miscellanee - le procurarono al suo tempo larga fama. (Enciclopedia Bresciana di Antonio Fappani - LODOIGA de la Lòsa - anno 2007)
Sulla facciata del Palazzo, scendendo verso il porticato troviamo busti rappresentati gli imperatori romani.
A fondo del porticato troviamo un ricco portale affiancato da colonne e da due fontanelle (progettato nel 1552 da Stefano Lamberti) che introduce agli ambienti interni situati su due livelli.
Al palazzo è stato inoltre aggiunto, negli anni tra il 1503 e il 1508, un edificio posto sul lato settentrionale della costruzione, contenente l'originario scalone per il salone superiore della Loggia. Il portale sulla strada, altra opera di Gasparo Cairano, presenta in sommità una lapide del 1177, proveniente dall'antica basilica di San Pietro de Dom, e che ricorda una condanna per tradimento e spergiuro. Oggi questa costruzione, utilizzata solo per particolari esigenze, si affaccia su largo Formentone, noto come piazza Rovetta.
Il collegamento tra la Loggia e il palazzo Giureconsulti.
Sul lato opposto, che guarda il palazzo della Loggia, la piazza è chiusa da una cortina a due piani e a portici in ordine ionico con al centro la torre dell’orologio. Un antico orologio astronomico, risalente alla fine del XV secolo e raffigurante le ore, le fasi lunari e i segni zodiacali. Un gioiello unico, una testimonianza storico-artistica di enorme importanza di quando ancora le persone scandivano i ritmi giornalieri e i raccolti dell’agricoltura sulla base della luna e del rapporto luce / buio. Ai piedi della Torretta dell’Orologio c’è la stele che ricorda le vittime dell’attentato di Piazza Loggia, avvenuto il 28 maggio 1974.
Questo straordinario manufatto, che rievoca quello di piazza San Marco di Venezia, al suo interno ospita un complesso meccanismo astronomico, installato tra il 1544 e il 1546 da Paolo Gennari da Rezzato. Il quadrante venne realizzato nel 1547 da Gian Giacomo Lamberti.
Sopra il quadrante dell’orologio astronomico troviamo un quadrante raffigura la figura di Saturno che, seduto sul globo, impugna falce e clessidra. Ricorda ai passanti lo scorrere inesorabile del tempo. Tale opera è del pittore Giovanni Giacomo Lombardi.
Alzando oltre gli occhi si notano due figure particolari, i celebri macc de le ure, automi meccanizzati in rame che con il martello battono le ore su una campana in bronzo; da qui deriva la dicitura “matti delle ore”. Ancora oggi chiamati Tone e Batista, nome loro dato secondo una tradizione da un impiegato comunale sposato ad una poetessa dialettale, sono al lavoro: e magari tra un battito e l’altro puoi sentirli bisbigliare mentre discutono di fatti cittadini. Questi personaggi vennero collocati, ove li vediamo oggi, nel 1581.
Sul lato meridionale di Piazza Loggia, con alle spalle la Loggia, troviamo l’elegante palazzo del Monte di Pietà vecchio e nuovo, composto da due corpi identici con al centro un arco sormontato da un’edicola entro la quale vi è uno scudo. Il Monte di Pietà, vecchio venne eretto tra il 1484 ed il 1489. Il monte di pietà è un'istituzione finanziaria senza scopo di lucro, di origini tardo-medievali, sorta in Italia nella seconda metà del XV secolo su iniziativa di alcuni frati francescani, allo scopo di erogare prestiti di limitata entità (microcredito) a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato. L'erogazione finanziaria avveniva in cambio di un pegno: i clienti, a garanzia del prestito, dovevano presentare un pegno che valesse almeno un terzo in più della somma che si voleva fosse concessa in prestito. La durata del prestito, di solito, era di circa un anno; trascorso il periodo del prestito, se la somma non era restituita il pegno veniva venduto all'asta. La funzione dei Monti di Pietà era quella di finanziare persone in difficoltà, fornendo loro la necessaria liquidità. Per questa loro caratteristica, i Monti si rivolgevano alle popolazioni delle città, dove molti vivevano in condizioni di pura sussistenza ma disponevano comunque di beni da poter cedere in garanzia; i contadini, invece, di norma non avevano nulla da impegnare se non beni indispensabili alla loro attività, come sementi e utensili da lavoro.
Troviamo quindi il palazzo delle antiche carceri. Queste carceri erano dette Canevini (cantine) perché sotterranee.
Tra l’immobile del Monte di Pietà e quello delle vecchie carceri, troviamo nella parte inferiore una piccola loggia veneta divisa in due arcate, Nella parte superiore invece si compone di una loggetta con 7 piccoli archi e un balcone (probabilmente usato come pulpito).
Sulle pareti della galleria e sulla facciata verso la piazza dei tre palazzi si notano iscrizioni e reperti archeologici di epoca romana, incredibili testimonianze storiche, riportate alla luce nel XVI secolo e qui murate e ancora ben visibili. Sono considerate il più antico esempio di lapidario civico del mondo.
Verso nord / ovest, dove Piazza Loggia cede il posto a Via Gasparo da Salò troviamo il monumento alla Bella Italia, realizzato nel 1864 da Giovanni Battista Lombardi e regalato alla città da Vittorio Emanuele II e ciò a ricordo dei martiri delle Dieci Giornate di Brescia. Venne chiamata così perché la giovane figura femminile rappresenta l’incarnazione della patria. Il monumento è realizzato in marmo e poggia su un alto basamento a pianta quadrata. La Bella Italia tiene con la mano sinistra la bandiera italiana mentre con la destra porge alla città una corona d’alloro come tributo ai suoi eroi.
Sul piedistallo si trovano due iscrizioni: quella sul fronte la dedica al Popolo insorto bresciano, l’altra, sul retro la dedica al donatore del monumento Vittorio Emanuele II. Più sotto, a bassorilievo, sono scolpite quattro scene che rievocano eventi principali delle Dieci Giornate. La scena rivolta verso la piazza rappresenta i combattenti nell’attuale corso Magenta.
Altra scena, andando in senso antiorario, il Combattimento di Porta Torrelunga dove si nota uno stendardo recante il motto W la Patria.
Proseguendo sempre in senso antiorario troviamo la scena relativa alla fucilazione degli insorti prigionieri presso il castello di Brescia.
Pezzi di marmi antichi con epigrafi, tolti dalla torre di Paganora, e usati per le facciate del Monte di Pietà e delle prigioni, durante la loro costruzione.