Sabbioneta - Palazzo Ducale

Il Palazzo ducale o Palazzo Grande, edificato nel 1559, fu il primo importante edificio ad essere costruito nella nuova città da Vespasiano Gonzaga. Fu la residenza del duca, nonché la sede dell’attività politica ed amministrativa. Il palazzo si affaccia su piazza Ducale su cui prospettano anche la chiesa arcipretale di Santa Maria Assunta ed il Palazzo della Ragione, luogo in cui si riunivano i due consigli della Comunità. Sul lato meridionale si apre un lungo porticato con pilastri rivestiti di bugne di marmo bianco.

I lavori di decorazione furono condotti in due fasi: da 1559 al 1568, anno della partenza di Vespasiano Gonzaga per la Spagna, e dopo il 1578 in seguito al ritorno del duca dalla corte del re cattolico Filippo II.

Suddiviso in due piani il palazzo presenta nella facciata un porticato con cinque aperture arcuate interamente bugnato e rialzato rispetto al piano stradale.

 

Si accede all’ingresso principale per mezzo di un’alta gradinata in marmo bianco. 


AL PIANO TERRA:

Sala degli Asburgo

Salone della Gran Guardia

Atrio

Camerino dei Dardi

Saletta delle Quattro Stagioni

Sala di Diana

Vestibolo della Sala d’oro

 

Sala d’oro


Sala di Diana

L’intitolazione scaturisce dall’ammalorato affresco centrale della volta, raffigurante il mito di Diana ed Endimione, attribuito al cremonese Bernardino Campi, che a Sabbioneta istituì una propria scuola di pittura.

La sala esprime nel suo complesso l’universo mitologico che gli artisti del tempo esprimevano nelle loro più dotte composizioni.

Agli angoli del riquadro compaiono quattro copie di putti reggenti un panneggio; esse sono rappresentate in atto di giocare con un cerbiatto, una lepre, una volpe e un capriolo, probabile decorazione del XVIII secolo, realizzata per coprire i danni arrecati dall’assestamento della volta. Gli altri campi sono decorati a grottesche risalenti agli anni dal 1578 al 1590, con animali chimerici, scene arcadiche, figure allegoriche e mitologiche.

In altri otto riquadri sono raffigurate scene di caccia al cinghiale e al cervo, cacce con il falcone, e la rappresentazione del mito di Diana e Atteone.

Nelle quattro lunette sono visibili motivi decorativi che propongono figure mitologiche e paesaggi che fungono da sfondo alle immagini di alcune divinità olimpiche.

Nelle nicchie compaiono le statue in stucco di Marte e Venere.


Camerino dei Dardi

La volta a botte è ripartita in tre campate, con sei lunette decorate da intrecci vegetali e floreali. Quella centrale ospitava un affresco non più leggibile, mentre nelle due laterali, in bassorilievo di stucco e dorature sono visibili i “dardi alati” di Giove, impresa cara a Vespasiano, mutuata dall’avo Gianfrancesco, conte di Rodigo, associata al motto FERIUNT SUMMOS FULMINA MONTES (Le folgori colpiscono anche i monti più alti).



AL PIANO SUPERIORE:

Sala delle Aquile

Sala degli Imperatori

Galleria degli Antenati

Sala degli Elefanti

Sala dei Leoni

Sala delle Città

Sala dell’Angelo

Sala degli Ottagoni

 

Sala dei Grappoli


Sala delle Aquile

Il soffitto ligneo è costituito da travature rabescate e scompartito da riquadri in bianco e nero con rosette dorate.

Nella trabeazione corre un fregio con festoni vegetali sostenuti da cariatidi alate e da aquile dal volo spiegato, tenenti tra gli artigli le folgori alate di Giove, accollate ognuna a uno scudetto nel quale erano dipinti stemmi gonzagheschi; durante l’occupazione napoleonica gli stemmi furono cancellati e negli scudi fu inscritta una lettera in capitale in modo da formare il motto “VIVA LA REPUBBLICA”, inneggiante alla Repubblica Cisalpina.

Anticamente alle pareti erano collocati trofei di caccia.

 

In questa sala si ammirano le splendide statue equestri che ritraggono in armi Vespasiano e i suoi antenati. Le dieci statue lignee originarie, denominate “Cavalcata”, furono scolpite nel 1587 da un artista veneto per celebrare le virtù militari dei Gonzaga, provetti uomini d’arme e condottieri di fama. L’occasione della “Cavalcata” fu anche grata per celebrare i fasti dei famosissimi cavalli gonzagheschi, ossia quella “Raza nostra de casa” ambita da tutti i potenti di quei secoli lontani.                                                                                              


Sala degli Imperatori

La denominazione è in relazione ai ritratti di dodici imperatori romani che originariamente erano collocati nel fregio superiore. Dal 2015 dodici tele raffiguranti i Cesari, copie degli originali attualmente conservati presso il Museo Nazionale di Napoli, opera di Bernardino Campi, sono tornate a decorare la splendida sala.

Il prezioso soffitto diviso in nove lacunari fu scolpito nel 1561. Nei quattro cassettoni ottagonali d’angolo sono fissati altrettanti stemmi lignei ed emblemi:

lo stemma inquartato Gonzaga-Colonna accantonato dalle lettere VG (Vespasiano Gonzaga);

lo stemma della famiglia spagnola Aragona, la casata della seconda moglie del principe, accantonato dalle lettere AA (Anna d’Aragona);

i dardi o folgori alate di Giove.

 

Al centro è collocato un tondo con uno stemma sostenuto da due geni alati (o angeli), nel quale sono raffigurate le insegne d’Aragona e dei Gonzaga. Sopra le mensole erano situati otto busti marmorei di imperatori romani. 



Galleria degli Antenati

Vespasiano fece disporre nel suo studiolo, che accoglieva la biblioteca privata, i ritratti a bassorilievo in stucco dei suoi antenati. La serie dei celebri personaggi incomincia dalla parete di destra in fregio alla finestra con i Gonzaga dominanti a Mantova:

Luigi Corradi da Gonzaga, con Richilda Ramberti, la prima delle sue tre mogli;

Guido con la prima delle tre mogli Virida Beccaria

Ludovico I con Alda d’Este;

Francesco I con la seconda moglie Margherita Malatesta

Gianfrancesco con Paola Malatesta;

Ludovico II con Barbara Hohenzollern.

Al di sopra della finestra si legge la scritta in capitali dorate

“VESP. GONZ. COL. GENTILIBVS SVIS” (Vespasiano Gonzaga Colonna e i suoi antenati).

La volta è decorata a grottesche; un elaborato cordone a stucco la divide in diversi riquadri. In quello centrale è rappresentato Apollo sul carro del sole, mentre i due ovali alle estremità ritraggono Marte e Mercurio, inframmezzati negli incroci del cordone con teste di imperatori a rilievo.

Significativi gli episodi di storia romana rappresentati nei bassorilievi in stucco, rispettivamente:

Marco Curzio che precipita nel baratro del foro romano;

Muzio Scevola che si brucia la mano al cospetto del re Porsenna;

Orazio Coclite che contrasta l’avanzata dei nemici;

Lucio Quinzio Cincinnato, il generale agricoltore.

 

Pregevoli sono i sei paesaggi fiamminghi posti alla base della volta.



La Sala degli Elefanti

Ambiente forse originariamente adibito ai dibattimenti civili e penali. Presenta un importante fregio, il solo sopravvissuto della decorazione originaria, che raffigura, tra colonne e cariatidi, una curiosa processione di elefanti. Il collo di ogni pachiderma è cinto da una catena che viene trattenuta da un braccio umano, simbolo della ragione che tiene a freno le forze della natura.

Sui lati corti sono dipinte l’allegoria della Giustizia, assisa con spada e bilancia e della Concordia, con due uomini coricati che si stringono la mano.

Nella trabeazione dipinta sopra la finestra si legge il motto tratto dall’Eneide di Virgilio “VI SVPERVM” (per la forza degli dei).

Alle pareti un tempo erano appesi i ritratti di tre dogi veneziani, dell’Imperatore Carlo V e di Isabella Gonzaga Carafa, figlia ed erede di Vespasiano.

Indi i cadetti del ramo di Sabbioneta:

Gianfrancesco con Antonia del Balzo;

Ludovico con Francesca Fieschi;

Luigi Rodomonte con Isabella Colonna;

Vespasiano con la seconda moglie Anna d’Aragona;

 

Luys, il figlio di Vespasiano.



Sala dei Leoni

Il soffitto in noce con cornice d’ordine dorico, originale, presenta al centro un riquadro con due leoni rampanti reggenti lo stemma di Vespasiano sormontato dal berrettone ducale.

È questo il primo di una serie di soffitti intagliati in legno da maestranze locali, di gusto manierista, vicini alla ricchezza dell’arte orafa iberica così amata da Vespasiano.

 

Attorno al lacunare centrale ne sono posti altri sedici di diverse forme, separati da tavole tra loro collegate con rosette.