Sabbioneta - Palazzo Giardino

Il “Casino del Duca”, detto comunemente Palazzo Giardino, è una modesta costruzione dall’aspetto rustico, posta tra la galleria e il “Corridor piccolo”. Fu edificato prima del 1580 e terminato nel maggio del 1588, per essere la residenza privata e il luogo dell’otium del duca.

 

L’esterno, coronato da un prezioso cornicione in quercia scolpito nel 1583, fu dipinto nel maggio del 1588 a motivi geometrici come i palazzi dell’antica strada Giulia, l’attuale via Vespasiano Gonzaga. L’interno fu decorato dall’equipe di artisti coordinati da Bernardino Campi tra il 1582 e il 1587.


Sala di Marte

La volta è suddivisa in cinque comparti da cornici di stucco intagliate e dorate. Nel riquadro centrale è dipinta una scena campestre con animali che vanno ad abbeverarsi alla fonte. Gli ovali più larghi racchiudono due scene bibliche: il “Giudizio di Salomone” e il “Sacrificio nel deserto”.

L’ovale sulla parete verso la piazza ospita una raffigurazione di Alessandro Magno seduto con la Vittoria alata in mano, accompagnata dal distico: HIC MARIS ET TERRE IMPERIVM SIBI MARTE SVBEGIT/RAPTVM CAELVM SI LICVISSET ERAT.

(Costui conquistò il dominio del mare e della terra con Marte (= con la guerra) – e, se fosse lecito, il cielo sarebbe stato da lui ghermito).

L’ovale sulla parete verso il giardino ospita la raffigurazione di Giulio Cesare con Vittoria alata e il distico: IMPERIVM PRIMVS ROMANE GENTIS ADEPTVS/ DIVINO MERVIT CAESAR HONORE COLI.

(Ottenendo per primo il potere sul popolo romano, Cesare meritò di essere venerato con onore divino = come un dio).

 

Negli altri campi della volta sono dipinte lotte tra belve, tra cui leoni, draghi, cerbiatti e tori. Sotto la cornice otto riquadri con bacinelle e mensole.



Camerino dei Cesari

Attraverso uno scalone di marmo il visitatore giunge al piano nobile nel Camerino dei Cesari. Sulla parete di fondo è raffigurata Roma Trionfante con la Vittoria alata nella mano destra affiancata da due barbari in cippi mentre, a lato della finestra, è rappresentata la Fama. Alle pareti lunghe, in un finto peristilio, sono effigiati sei imperatori. Il piccolo ambiente è sovrastato da due volte a crociera, decorate a grottesche, raccordate da una piccola volta a botte su cui è raffigurato un putto che suona i cimbali.



SALA DEI CIRCHI (DI BAUCI E FILEMONE

Sulle pareti lunghe sono affrescati rispettivamente il Circo Massimo e il Circo Flaminio di Roma, secondo le incisioni del 1581 di Antoine Lafrery, mentre sul lato breve è dipinta una prospettiva urbana.

Dall’altra parte un arco dipinto incornicia un paesaggio agreste, opera di pittore fiammingo.

Il soffitto è suddiviso in riquadri da una ricca cornice a stucco realizzata da Giovan Francesco Bicesi, detto il Fornarino.

Nel riquadro centrale è dipinta una figura alata tenente lo stemma ducale, circondata da due leoni e due gru che reggono il leggendario sasso, simbolo di Vigilanza (se la gru si addormenta lascia la presa del sasso, che cadendo nell’acqua la sveglia, così che ricomincia a vigilare).

 

Le quattordici lunette, dipinte da Bernardino Campi, rappresentano la favola mitologica di Bauci e Filemone, tratta dall’VIII libro delle Metamorfosi di Ovidio, nella quale si racconta di Giove e Mercurio che si recano sulla terra per verificare se tra i mortali vi fosse qualcuno che meritasse di essere salvato prima dello scatenarsi del diluvio.



SALA DEI MITI

Nella volta a padiglione un’elaborata cornice in stucco, modellata dal Fornarino e dorata da Martire Pesenti; vi compaiono ovali in cui sono raffigurati i miti di Dedalo e Icaro, di Aracne e Minerva, Fetonte, Apollo e Marsia. 

 

Nel riquadro centrale Filira è amata da Saturno sotto forma di cavallo mentre Cupido dorme all’ombra di un lauro.

Nel fregio sono collocati catini con mensole, intervallati da riquadri con imprese gonzaghesche, ovvero combinazioni concettose di una figura allegorica con un motto:

La Museruola accompagnata dal motto CAVTIVS (attenzione!), legata al marchese Francesco II Gonzaga;

La cervetta che guarda nel sole, accompagnata dal motto BIDER CRAFT (contro la forza);

La tortora sul ramo ricurvo, legata al motto VRAI AMOUR NE SE CHANGE (il vero amore non si cambia)

Il tempietto di Artemide incendiato da Erostrato, legato al motto [SIVE BONVM SIVE MALVM] FAMA EST (che se ne parli bene o che se ne parli male, l’importante è parlarne);

L’alano retrospiciente legato al motto DONEC (fino a che, fino a quando);

La folgore alata di Giove legata al motto FERIUNT SUMMOS FULMINA MONTES (i fulmini colpiscono anche i monti più alti. Impresa di Vespasiano, che forse intendeva alludere a se stesso).

 

Nel Cinquecento sulle mensole si trovavano busti di imperatori romani, mentre nel catino allungato sopra la finestra era posto il Cupido dormiente con due serpenti, copia marmorea dall’antico di straordinaria fattura, realizzata da uno scultore veneto nella prima metà del XVI secolo, attualmente visibili nel Museo di Palazzo Ducale e nel Museo della Città a Mantova (Palazzo San Sebastiano).


STUDIOLO O SALETTA DI ENEA

È uno dei più preziosi ambienti del palazzo, nonché lo studiolo del duca Vespasiano.

Sulle pareti sono raffigurati otto episodi tratti dall’Eneide, dipinti nel 1585:

Il Laocoonte

Il cavallo di Troia

La distruzione della città

La fuga di Enea con il padre Anchise

La partenza di Enea da Troia

Enea e Venere

Enea ricevuto da Didone

La volta semisferica è suddivisa in diversi scomparti da un’elaborata cornice in stucco.

Nei cinque ottagoni Bernardino Campi dipinse putti recanti gli attributi di alcune divinità. Negli scomparti minori affrescò animali esotici, figure ibride e uccelli. Nella descrizione minuziosa e dettagliata degli animali, si ritrova il gusto fiammingo così caro a Vespasiano, grande collezionista di dipinti di gusto nordico.

 

Gli ovali in stucco della volta raffigurano le quattro Virtù cardinali (Giustizia, Fortezza, Prudenza, Temperanza).


Sala degli specchi

E’ l’ambiente più grande del palazzo, adibito alle feste di corte. Due grandi specchi veneziani erano situati negli archi ciechi delle pareti brevi, mentre nei cinque lacunari del soffitto erano collocati altrettanti specchi o tele dipinte. Di tali arredi, smontati nel Settecento, si persero le tracce.

Ai lati di ciascuna finestra e della porta che immette nella successiva Galleria, vi sono pilastri (paraste) decorati con armi e oggetti annodati tra loro da un drappo che parte da una testa leonina (panoplie), dipinte dai collaboratori di Bernardino Campi.

 

Tra le finestre vi sono quattro riquadri affrescati a paesaggio realizzati da un pittore fiammingo operante nel 1586 alla corte di Vespasiano. Sopra ciascuna finestra sono poste formelle rettangolari in stucco con miti eroici romani relativi a: Fabio, Attilio Regolo, Romolo e Remo, Orazio Coclite, Cesare al Rubicone, Decio Mure.


CAMERINO DELLE GRAZIE

Piccolo ma deliziosissimo ambiente dalle pareti interamente decorate a grottesche, arricchito da un soffitto a stucco che reca un intreccio di girali incornicianti la testa della Gorgone. Forse l’ambiente più suggestivo del Palazzo.

Nella parete centrale, sotto un tempietto compaiono le tre Grazie, Aglaia, Talia ed Eufrosine. Nelle altre sono dipinte figure allegoriche e mitiche, collocate in un’architettura fantastica, disseminata di uccelli, draghi, ninfe, satiri, belve, trofei d’arme.

La raffinata decorazione a grottesche (decorazioni di soggetto fantastico) e gli stucchi furono realizzati dal Fornarino.

Questo camerino svolgeva forse la funzione di spogliatoio per le dame.

In un ambiente separato dal camerino da una parete è collocata la scaletta elicoidale che portava al giardino, caratterizzata da una decorazione a motivi vegetali a foglie d’edera.