Pistoia - S. Bartolomeo e Pantano


La Chiesa di San Bartolomeo in Pantano, certamente uno degli edifici sacri più antichi di Pistoia, deve il suo nome alla fangosità della zona dove venne eretta. L’edificio venne costruito per volere del medico longobardo Gaido Aldo che acquistò un terreno al fine di edificare un monastero in nome di S. Bartolomeo Apostolo, tra il 726 e il 764. Inizialmente il complesso abbaziale comprendeva anche un ospizio per fornire vitto, alloggio ed eventualmente cure mediche ai viandanti e ai poveri della città.

L’edificio nella sua attuale struttura, privo di transetto e con tre navate divise da colonne, fu ricostruito dall’Abate Bono nel 1159. Nel XV secolo, subentrarono i Canonici Lateranensi dell’Ordine di Sant’Agostino (i cosiddetti Rocchettini), e, infine, abolito quest’ordine, nel 1779 fu affidato ai monaci benedettini (più precisamente ai Vallombrosani della Chiesa di S. Michele in Forcole) fino al 1810.

L’esterno della chiesa è formato da grande bugne di pietra serena, la facciata della Chiesa di San Bartolomeo di Pistoia si caratterizza per le cinque arcate che nella parte centrale sono sorrette da quattro colonne in pietra e ai lati da due lesene; gli archi a tutto sesto bicromi (marmo bianco e verde di Prato) alternano le dimensioni minori all’esterno e al centro, mentre quelli centrali laterali sono più grandi. Due archetti riempiono lo spazio al di sopra degli ingressi laterali.

La parte superiore della facciata è realizzata in laterizio e muratura mista, e la parte centrale delle tre in cui è divisa contiene l’apertura a forma di campana tipica di questa chiesa (quella romanica venne sostituita infatti in epoca barocca). L’unica parete laterale visibile termina con il campanile, la cui base è formata ancora una volta da bozze di pietra serena e una muratura in laterizi aggiunta successivamente. La navata centrale sul retro si conclude con il classico abside di forma semicircolare coperta da lastre di ardesia (una pietra metamorfica dal colore turchino grigiastro) e costruita in pietra alberese.

 

Artisticamente, l’architrave di Gruamonte e di Adeodato – rappresentante i dodici  Apostoli mentre stanno ricevendo da Gesù la missione di diffondere il vangelo – è posta al di sopra dell’entrata centrale.




All’interno sono presenti altre opere  come il Cristo Pantocratore con San Giovanni Battista e San Bartolomeo, circondato dagli angeli, di Manfredino Di Alberto, che affresca il catino dell’abside. San Bartolomeo è rappresentato anche in un frammento di affresco nel presbiterio: il Santo tiene in mano un libro ed è racchiuso in una cornice con motivi ondulatori colorati.




L’opera artisticamente più preziosa è sicuramente il Pulpito di Guido Da Como: voluto dall’Abate Simone attorno al 1240, è il vero tesoro romanico prima del passaggio al gotico. È costruito in marmo ed è di forma quadrangolare, divisa in quadri scolpiti a bassorilievo rappresentanti altrettante scene evangeliche. Il tutto poggia su tre colonne: due di queste sono poggiate su due leoni (uno è una femmina che allatta il suo cucciolo, l’altro invece tiene tra le zampe un basilisco) e l’altra su un uomo ricurvo (si pensa sia proprio la rappresentazione dell’autore stesso).

 

Nel 1591, l’Abate Alessandro Da Ripa trasformò il pulpito in cantoria (e rimase tale fino al 1844) spostandolo nella navata di destra. Nel 1976 tornò alla sua funzione iniziale.


Particolare delle quattro scene del Pulpito

Agli angoli sono presenti due gruppi scultorei: a sinistra l’apostolo Paolo è affiancato dai suoi due discepoli, Tito e Timoteo (in cornu epistulae); a destra, in piedi sulla testa di Satana, si trovano i tre evangelisti Luca, Marco e Matteo (in cornu evangelii), e sopra di loro il leggio a forma di aquila (simbolo di Giovanni evangelista).

Le quattro formelle a bassorilievo costituiscono la parte centrale del Pulpito:

in alto a sinistra si osserva Cristo che discende negli inferi e tende la mano ad Adamo ed ai “giusti” dell’Antico Testamento;

in alto a destra l’apparizione di Gesù ai discepoli nel Cenacolo, la sera di Pasqua;

in basso a sinistra Cristo risorto e vestito da pellegrino anonimo entra con due dei suoi discepoli nella taverna di Emmaus;

 

in basso a destra la scena in cui Gesù si mostra ai suoi discepoli e invita Tommaso, incredulo, a mettere le dita nel suo costato ferito. Tutti gli avvenimenti rappresentati hanno quindi una tematica rigidamente pasquale.