Firenze - Basilica di S. Croce
La cappella Maggiore domina la navata principale della basilica con la sua dimensione scenografica, esaltata dal più esteso ciclo figurativo di Santa Croce.
Il patronato dell’altare era degli Alamanni, potenti e ricchi banchieri che intorno al 1324-1326 commissionarono a Ugolino di Nerio il polittico, poi smembrato, di cui sono stati rintracciati solo alcuni scomparti esposti in vari musei internazionali.
Nel 1348 i capi delle cinque ramificazioni della famiglia Alberti, che spiccava tra le compagnie mercantili e bancarie fiorentine, si accordarono con i frati e stabilirono di edificare la cappella Maggiore modificando la pianta originale della chiesa e ottenendone il patronato. Nello stesso anno Albertaccio di Lapo stabilì un lascito testamentario per edificare e decorare la cappella, e l’iniziativa fu seguita da altri membri della famiglia, che acquisirono anche il patronato del transetto antistante con diritto di sepoltura. A questo periodo risale la maggior parte delle vetrate istoriate con figure di santi e apostoli, attribuite a Taddeo Gaddi.
Nel 1380 Jacopo degli Alberti commissionò ad Agnolo Gaddi il ciclo con la Leggenda della vera Croce, in accordo con la dedicazione della cappella e della chiesa stessa. Discussa la data di esecuzione, fissata generalmente tra 1388 e 1390. Gli affreschi illustrano le millenarie vicende del legno della Croce di Cristo come riportate da Jacopo da Varagine nella Legenda Aurea. Si sviluppano dall’alto in basso, prima sulla parete destra poi su quella antistante. Sulla volta sono visibili san Giovanni Battista, san Francesco e gli Evangelisti, mentre sui pilastri sono rappresentati santi vicini alla spiritualità francescana.
Cappella Bardi
La cappella è dedicata a san Francesco e fin dalla sua origine è legata ai Bardi, potenti banchieri che in Santa Croce ebbero il patronato di quattro cappelle. La struttura architettonica risale alla prima fase di costruzione dell’attuale chiesa, e quindi al 1295-1310.
Probabilmente la decorazione venne commissionata da Ridolfo de’ Bardi a Giotto che la dipinse, certamente dopo il 1317 e forse entro il 1321, sintetizzando le Storie di san Francesco in sette scene: tre per parete, a cui si aggiunge il riquadro con le Stimmate sopra l’arcone visibile solo dal transetto.
Cappella Castellani
Michele di Vanni Castellani commissionò per la propria famiglia l’edificazione e la decorazione di una cappella con suo testamento del 1383. Dedicata a sant’Antonio Abate, è costituita da due campate a pianta quadrata coperte da volte a crociera e divise da un arco a sesto acuto.
Gli affreschi sulle pareti e sulle volte furono eseguiti da Agnolo Gaddi e dagli artisti della sua bottega, tra i quali Gherardo Starnina. Il ciclo pittorico della cappella illustra quattro Storie di santi: Giovanni Evangelista, Antonio Abate, Giovanni Battista e Nicola di Bari. Sui pilastri, entro finte nicchie, sono affrescate figure di santi legati all’Ordine francescano e negli spicchi delle volte compaiono i quattro Evangelisti e quattro Dottori della Chiesa.
Discesa di Cristo al Limbo, Bronzino - 1552
Cappella Pazzi
Le due vetrate della scarsella sono su disegno di Alesso Baldovinetti: nell’oculo è raffigurato il Padre Eterno benedicente e dietro l’altare Sant’Andrea, riferimento al committente e al santo cui è dedicata la cappella. La cupoletta, affrescata alla metà del XV secolo e restaurata nel 2009, è analoga a quella presente nella Sagrestia Vecchia di San Lorenzo e rappresenta le costellazioni presenti nel cielo fiorentino il 4 luglio 1442, un soggetto su cui esistono varie ipotesi interpretative.
Edificata durante la prima fase di costruzione della chiesa attuale, la cappella era di patronato della famiglia Peruzzi, ricchi banchieri che abitavano nel quartiere. Partecipavano attivamente alla vita politica cittadina, e ottennero il patronato della seconda cappella più vicina all’altare maggiore, posizione ritenuta di grande privilegio.
Fu questa famiglia a commissionare a Giotto la decorazione della cappella, la cui datazione è discussa, ma che fu eseguita probabilmente a ridosso del 1310. Sulle pareti si fronteggiano le Storie di san Giovanni Battista e di san Giovanni Evangelista, ai quali la cappella è dedicata. Sulle vele della volta sono presenti i simboli dei quattro Evangelisti, nell’intradosso dell’arco otto Busti di profeti, mentre sulla parete di fondo resta solo un frammento con l’Agnello mistico.
Cappella Baroncelli
La cappella, dedicata alla Vergine Annunciata, è situata all’estremità del transetto destro ed è caratterizzata da un doppio vano coperto da volte a crociera.
Venne fondata nel 1328 da Bivigliano, Bartolomeo e Silvestro Manetti e inoltre Vanni e Piero Bandini Baroncelli, ricchi mercanti-banchieri fiorentini, che la vollero per “rimedio et salute delle nostre anime et di tutti i nostri morti”, come ricorda l’iscrizione sul monumento sepolcrale della famiglia. Opera di Giovanni di Balduccio, a doppia faccia, trafora il muro a fianco dell’ingresso. Allo scultore si devono anche le due statuette della Vergine e dell’Angelo annunciante poste sui pilastri dell’arcone d’ingresso.
L’articolato progetto pittorico è stato realizzato da Taddeo Gaddi dopo il 1328: gli episodi delle Storie della Vergine narrano la vita di Maria dalle premesse del suo miracoloso concepimento alla nascita di Cristo e all’adorazione dei Magi. Nelle volte e nella cornice della bifora sono raffigurate le personificazioni di Virtù, scelte per illustrare le qualità della Madonna e a cui devono tendere anche i Francescani. Sugli arconi, sui pilastri e nelle vetrate sono presenti personaggi della Bibbia e santi che rimandano alla devozione mariana.
Cappella Tosinghi Spinelli
Cappella Giugni Bonaparte
E' stata fondata dai Giugni, una delle più antiche famiglie fiorentine, la cui fortuna economica era legata al commercio della lana.
Nel 1839 il patronato venne acquisito da Giuseppe Bonaparte, fratello maggiore di Napoleone, che dette inizio a una serie di rinnovamenti. Già nel 1840 vennero collocate la pala con l’Assunzione della Vergine di Giuseppe Bezzuoli per il nuovo altare e il monumento sepolcrale di Lorenzo Bartolini per ricordare Charlotte Napoléon Bonaparte, figlia del committente.
Cappella Votiva alla Madre italiana
La Cappella alla Madre Italiana ricorda il sacrificio delle madri italiane e dei loro figli durante la prima guerra mondiale.
Cenotafio di Dante
Il Cenotafio di Dante è una tomba vuota (il poeta è infatti sepolto a Ravenna), opera dello scultore Stefano Ricci, simbolo della riconciliazione di Firenze con il genio che aveva cacciato e costretto all’esilio. Il monumento voluto dal granduca Ferdinando III venne inaugurato il 24 marzo del 1830 e realizzato grazie a una sottoscrizione pubblica.
Crocefisso di Cimabue
L’imponente Crocifisso dipinto da Cimabue è una delle opere simbolo di Santa Croce e del dramma dell’alluvione di Firenze: il ricordo del catastrofico evento del 4 novembre 1966 è legato indissolubilmente alle immagini dell’opera sommersa dall’acqua, imbrattata di fango, portata via con mezzi di fortuna. Trasferita alla Limonaia di Boboli, appositamente approntata per accogliere in una prima fase i dipinti su tavola alluvionati, la croce fu oggetto di un lungo e innovativo restauro nei laboratori dell’Opificio delle Pietre Dure alla Fortezza da Basso, e dopo una serie di esposizioni in Europa e in America, venne ricollocata nel museo. Purtroppo la perdita del sessanta per cento della superficie pittorica non permette più di apprezzarne l’altissima qualità tecnica, ma non ha scalfito la sua potenza espressiva. Per proteggerla dal rischio alluvionale nel 2014 è stata appesa nella sagrestia.
Madonna Dolente di Giotto
L'annunciazione di Donatello
Donatello inserisce una “sacra rappresentazione” in un grande tabernacolo: la Vergine – la cui testa evoca sculture greche del V secolo – si ritrae dall’angelo inginocchiato, davanti a un leggio e a una porta a due battenti. Le figure, quasi a tutto tondo, sono inserite nell’edicola racchiusa da decorazioni di gusto classico: lesene scanalate con mascheroni sui capitelli delimitano la scena, una ghirlanda alata è un riferimento a Leon Battista Alberti e al suo occhio “alato”, mentre sotto il frontone ad arco corre una modanatura a ovoli e dentelli. L’insieme è riccamente lumeggiato d’oro.
Il restauro dell’Opificio delle Pietre Dure (1994/1995) ha fatto ipotizzare che il monumento fosse in origine dipinto di bianco per imitare il marmo. Le dorature, ottocentesche, ripetono quelle originali.
Donatello esprime turbamenti e sentimenti umanissimi: la “Vergine impaurita dello improvviso apparire dello Angelo, muove timidamente ma con dolcezza la sua persona quasi a la fuga” e le tre vivacissime coppie di putti “per aver paura dell’altezza, tenendosi abbracciati l’un l’altro, s’assicurano” (Vasari, 1568).
L’Annunciazione, opera della maturità eseguita da Donatello poco prima della partenza per Padova, fu commissionata da Niccolò di Giovanni Cavalcanti (1408-1450), cognato di Lorenzo de’ Medici, che ne aveva sposato la sorella Ginevra. Lorenzo era fratello di Cosimo “pater patriae”, amicissimo di Donatello, che avrebbe potuto essere il tramite tra artista e committente.
Tomba di Galileo Galilei
Alla realizzazione di un monumento, voluto e promosso dal fedele discepolo Vincenzo Viviani, si opposero infatti fin da subito gli ambienti ecclesiastici, che ritennero inopportuno celebrare la memoria di un uomo sospettato di eresia. Occorrerà attendere quasi un secolo perché un monumento funebre celebrativo del grande scienziato venga realizzato nella navata sinistra della basilica davanti al sepolcro di Michelangelo. Fu grazie al volere del granduca Gian Gastone de’ Medici (1671-1737) e alla sua politica di modernizzazione dello Stato volta a limitare il potere della Chiesa, che si giunse a un epilogo della vicenda.
Sopra un basamento costituito da un alto zoccolo tripartito è collocato il sarcofago affiancato da due statue allegoriche: a sinistra l’Astronomia che tiene in mano una pergamena con le macchie solari, eseguita da Vincenzo Foggini; a destra la Geometria che mostra una tavola con il piano inclinato e la caduta dei gravi di Girolamo Ticciati. Sopra il sepolcro, una nicchia, modellata all’interno a forma di valva, contiene il busto di Galileo di Giovan Battista Foggini, a cui si deve il progetto dell’intero monumento. In alto lo stemma di famiglia.
Lo scienziato è raffigurato con lo sguardo rivolto al cielo, mentre stringe nella mano destra il cannocchiale e con la sinistra trattiene il globo celeste appoggiato su alcuni libri e un compasso. Al centro nel cartiglio è rappresentato il pianeta Giove con i suoi satelliti, scoperti da Galileo e da lui chiamati “pianeti medicei”. In basso una lunga iscrizione composta da Simone di Bindo Peruzzi celebra la figura dello scienziato.
Tomba di Michelangelo Buonarroti
Il trecentesco Sepolcro Bardi, posto sulla parete esterna della cappella, sul cui sarcofago è scolpito lo stemma gentilizio della casata, è un'opera attribuita ad Agnolo di Ventura.
Cappella Spinelli
Questa cappella, che era stata decorata da Giotto con storie della Vergine (oggi perdute), venne ridecorata da Gasparo Martellini nel 1837.
Sagrestia
Verso la fine del Trecento Niccolò di Pietro Gerini affrescò la Resurrezione a destra, e l’Ascensione, in alto.
Museo
Secondo Chiostro